L’arte di Valentina Crasto ci invita all’incontro con temi antichi, il filo come strumento di riparazione quotidiana, prende forma dall’incontro del gesto casuale con la paziente composizione. La provvisorietà dei corpi richiama a un femminile inteso come qualità intima presente in ogni esistenza umana. La scelta stilistica non prevede cuciture, né tagli, ci parla di una dematerializzazione necessaria per dichiarare una presenza, un invito a ricercare la materia nel suo essere in transito, in divenire. Queste opere ci richiedono di lasciare a riposo il nostro bisogno di comprenderle, per godere della sensazione tattile del corpi, della leggerezza e della corporeità che abitano ogni figura. Immaginare di toccare, lasciarsi riempire dal silenzio del volto e delle pose, dalle forme dei corpi è un invito a uno sguardo pieno, alla consapevolezza della nostra natura impermanente e provvisoria che ci sfiora con la pienezza di cui essa è portatrice.

Il cotone in trefolo assume la forma del caos dipanato, sussulto dopo sussulto, dal gesto d'artista in costruzioni sfumate di materico colore. Tracce di bellezza ancora grezza che lasciano il disordine del cuore trovar da sé la via della propria creazione. E l'entropia sentimentale dell'artista documenta, scatto fotografico dopo scatto fotografico, la ricerca di senso che informa la materia. I contorni filiformi, che delimitano visi, corpi, sono affidati al pregiato tessuto che racchiude un dinamismo declinato in mille possibilità creative. E il cotone, questa fibra resistente, anelastica, gioca con se stesso le sfumature della propria eleganza. Similmente fa il ricordo, che anima il soffio di una mancanza, i cui contorni sfumati rivelano l'intensità della sua romantica persistenza.

L’arte di Valentina Crasto é un filiforme e sussurrato invito alla leggerezza dell’essere, necessaria e vitale pratica del quotidiano. E cosi’ le forme paiono tracce dell'etereo e sono un tutt’uno con l'impercettibile spazio circostante. Esse lo abitano, si compenetrano per osmosi, condividendo, con quest’ultimo, molecole e vortici danzanti. Le opere della Crasto sono forme effimere del vivere, per un momento accecate dall’illusione d’una presenza incollata al palcoscenico della vita. Illusorio momento dell’essere che mente a se stesso ! Poi, infatti, ritorna gomitolo, ventre di donna, pronto a ridare sfumature e forma a creazioni nuove e inaspettate.

L’artista é abitata dal tocco della leggerezza, la scelta materica del cotone é metafora del suo animo. Scelta maturata nel corso degli anni, « per forza di levare » e « dematerializzare ». Le opere della Crasto, fragili e volatili come le emozioni affidate al corso del vento, sono portatrici d’un figurativo che sfocia in un quasi incorporeo concettuale.

E come l'impercettibile filo che lega alla terra i nostri sogni, come la sottile corda degli aquiloni, l’arte della Crasto, tra cielo e terra, é un ponte tra la materia e la sua naturale e ragionata trascendenza.

Marco Caccavo

Aix en Provence, 2014

 

 

Ogni opera è un segreto, un cammino nel significato e nel gusto. A volte si entra subito in sintonia con quanto ci si mostra, a volte si rimane spiazzati.

E’ come camminare in un bosco e cogliere un volto in un groviglio di radici, un messaggio intravisto, vivo, femminile. Catturati da qualcosa che si riconosce, o che ci riconosce.

Qualcosa che c’è , ma non riusciamo a fermarlo con le parole e fugge ai confini del nostro campo visivo.E’ questo che ci succede davanti ai volti reclinati, imperfetti, un po’ fuori asse delle figure create da Valentina Crasto.

Sguardi di filo, occhi colorati fissano il mondo senza sorridere. Ti tengono lì nella trama delle loro onde; eppure quegli occhi, lo senti, cercano di andare via dai soliti giorni.I capelli, scomposti, vegetali, fanno pensare alle code degli aquiloni al vento, a gorgoni benevole.

Inquietano, ma dicono del movimento della vita: fluire e rifluire, sognare di abbandonarsi.Le bocche socchiuse parlano a bassa voce. Il gioco è indovinare il richiamo che sta sulle labbra.

La soglia è lasciata aperta per far entrare, uscire, incontrare l’inaspettato.Per guardare oltre, con occhi grandi rivolti in su e sconfinare in alto, in altro. Fossero anche solo le nuvole.

Diana Mancini

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© Valentina Crasto